INTERAZIONI TRA FARMACI: SINERGIA MEDICO - FARMACISTA AIUTA
                                            
                                                
                                                (pubblicato il 13/12/2013)
                                                                                            
                                            
                                            La constatazione dalla quale sono partiti i ricercatori è che i pazienti
 ultra65enni sono esposti frequentemente a politerapie, da cui 
potenziali interazioni tra farmaci clinicamente rilevanti. In 
letteratura, tuttavia, soltanto un numero limitato di molecole mostra 
effetti reali in caso di impiego sovrapposto e dispone di alternative 
terapeutiche praticabili per ridurre il rischio. I ricercatori, così, si
 sono concentrati su questo gruppo circoscritto di farmaci e hanno 
selezionato tutte le combinazioni (ciascuna di due sostanze soltanto) 
contraddistinte da interazioni potenziali con rischio clinicamente 
rilevante. Ogni coppia, inoltre, doveva includere almeno un farmaco per 
terapie croniche, doveva avere rimborsabilità Ssn e disporre di 
alternative terapeutiche misurabili. Dall’analisi sono così saltate 
fuori 53 combinazioni, nelle quali anticoagulanti e antipertensivi si 
impongono per incidenza (in 9 e 7 coppie rispettivamente) mentre 
antibatterici (17 coppie) e Fans prevalgono nel ruolo di farmaco 
precipitante.
 
La seconda fase è consistita nella selezione di una “coorte” costituito 
da pazienti anziani con almeno 5 terapie concomitanti croniche (più di 
90 dose definite die alla settimana). All’interno di tale gruppo, 
ACE-inibitori o sartani + Fans (20%), antidiabetici + beta-bloccanti 
(18%), diuretici + Fans (17%) e SSR Is + Fans o Asa (14%) sono risultate
 le coppie più frequentemente prescritte in avvio di studio. Quindi, i 
farmacisti delle Asl hanno avviato una serie di interventi di formazione
 nei confronti dei prescrittori (durata un semestre) per richiamare i 
rischi da potenziali interazioni e rammentare l’esistenza di eventuali 
alternative terapeutiche. Risultato a fine studio: nella coorte si è 
ridotto di oltre il 6% il numero di soggetti che ricevono coppie di 
farmaci con rischio di interazione; nell’intera popolazione analizzata, 
le coppie contenenti Fans hanno mostrato un forte calo di frequenza (in 
particolare con antipertensivi, antidepressivi o anticoagulanti) seguite
 da quelle con macrolidi; al contrario, le coppie costituite da soli 
farmaci cardiovascolari sono aumentate in maniera omogenea in tutte le 
Asl. «Lo studio» è la conclusione dei ricercatori «dimostra l’importanza
 di supportare i prescrittori nel ridurre il rischio di interazioni tra 
farmaci e la necessità di focalizzarsi su alcune interazioni, 
soprattutto quando includono terapie acute, a volte evitabili o 
sostituibili con alternative terapeutiche».