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DA FEDERANZIANI ALLE SOCIETA' SCIENTIFICHE CRESCE IL FRONTE DEL NO ALLA LIBERALIZZAZIONE DEI FARMACI CON RICETTA

(pubblicato il 09/02/2015)

 Che dopo il comunicato di venerdì scorso è tornata ieri sull’argomento con un nuovo intervento, diretto a sostenere specificamente le farmacie rurali. «La Federazione delle associazioni della terza età» recita infatti la nota «invita il ministro dello Sviluppo economico, Federica Guidi, e il ministro della Salute, Beatrice Lorenzin, a visitare alcune zone rurali del nostro Paese per vedere con i loro occhi il lavoro che svolge oggi la farmacia rurale in Italia. Liberalizzare il mercato» continua il comunicato «sarebbe di fatto l’incentivo per queste settemila farmacie – la metà delle quali sussidiate finanziariamente purché non abbandonino il loro territorio – a spostarsi nelle grandi città. Chiudendo queste farmacie rurali i fatto stiamo sopprimendo l’unico presidio sanitario dei piccoli centri». Federanziani, di conseguenza, «non permetterà la distruzione di quanto di buono negli anni si è riusciti a costruire per la tutela della salute. Le proposte del ministero dello Sviluppo economico ripagano con l’ingratitudine l’impegno di tutti quei farmacisti rurali che, con il loro lavoro, hanno consentito fino a oggi la presa in carico dei pazienti in territori difficili e la gestione dell’emergenza, mostrando di credere nel valore della comunità e nel Servizio sanitario nazionale».

No categorici alla deregulation dei farmaci con ricetta arrivano anche da società scientifiche e sindacati della medicina. Innanzitutto la Fimmg, che in una nuova nota (sempre risalente a domenica) si dice preoccupata «per lo spostamento di risorse sanitarie dalla rete dei professionisti a quella commerciale». Per il segretario nazionale della Federazione, Giacomo Milillo, «il mondo delle professioni presenta un cronico deficit di finanziamento e le liberalizzazioni comporterebbero un netto peggioramento della situazione. Se vogliamo mantenere un Ssn degno di questo nome, non possiamo permetterci l'indebolimento dei professionisti della sanità. Non servono tagli, servono investimenti».

Sulla stessa linea l’Aiom, Associazione italiana di oncologia medica: «Le farmacie italiane rappresentano da anni un reale punto di riferimento per tutti i cittadini e i pazienti di questo Paese» ricorda il presidente, Carmine Pinto «sono presenti capillarmente su tutto il territorio nazionale e offrono un presidio realmente importante. Per questo riteniamo critica e non adeguata per la realtà italiana la liberalizzazione della vendita dei farmaci di fascia C». Anche per l’Aiom, tra le ragioni del no c’è il fatto che i principali consumatori di medicinali sono gli oltre 12 milioni di anziani che vivono nel Paese. «Sono i pazienti più fragili» ricorda Pinto «e molto spesso devono assumere più farmaci insieme, perché colpiti da più patologie croniche. Proprio per questo il farmaco in fascia C va distribuito in strutture adeguatamente attrezzate».

No alla liberalizzazione, infine, anche dalla Società italiana di otorinolaringologia e chirurgia cervico-facciale (Sioiechcf). «I farmaci in fascia C devono essere venduti esclusivamente in farmacia» dichiara il presidente, Giuseppe Spriano «le eventuali liberalizzazioni rischiano di creare confusione e banalizzare quello che invece rappresenta una atto medico importante. Il farmacista è un professionista laureato, in grado di consigliare il paziente e di fornire, se richiesto, un consiglio tecnico importante. Questo vale soprattutto nei piccoli centri, dove la farmacia rappresenta un vero e proprio presidio sanitario che va difeso e valorizzato. I risparmi nella sanità» conclude Spriano «vanno cercati altrove, non bisogna adottare misure che rischiano di creare disorientamento, soprattutto in quella fascia di popolazione come gli anziani che, oltre al medico, possono trovare nel farmacista un valido ausilio».